The Jumpsuit Theme si compone di due parti, Intermezzo e Camerino,  allestite rispettivamente al Mart di Rovereto e alla Národní galerie v Praze (Galleria Nazionale di Praga). The Jumpsuit Theme, il titolo della mostra, rimanda alla tuta (jumpsuit), uno dei capi della modernità, e all’idea di tema (theme), inteso come variazione e improvvisazione su un principio costruttivo. L’artista si è concentrata sulla questione del rivestimento, sul rapporto tra superficie e pelle; tra corpo, abito e spazio, traducendo così una visione sartoriale in una scultorea e spaziale.

L’esposizione al Mart è introdotta da una selezione di fonti di ricerca conservate presso l’Archivio del ’900 del Mart e riferite a due importanti interpreti della sartoria modernista ai quali Sara Enrico si è ispirata: il celebre artista Ernesto Thayaht (1893- 1959), inventore nel 1919 di quel capo rivoluzionario che è la TuTa, del quale il Mart conserva sculture e fondi d’archivio, e la stilista francese Madeleine Vionnet (1876- 1975), fondatrice di una delle prime e più prestigiose maison dell’alta moda e precorritrice di quella trasformazione dei costumi che concorrerà all’emancipazione femminile.
Rifacendosi all’approccio sartoriale di Thayaht e Vionnet nel concepire un abito, ovvero riprendendo l’idea di lavorare un tessuto in maniera armonica con il corpo che lo abita, e seguendone la vocazione all’interdisciplinarità, Sara Enrico ha riflettuto su come trasporre quella modalità nella sua pratica artistica.

Per la realizzazione delle sculture in cemento e pigmento, l’artista ha modellato dei semplici cilindri da utilizzare come moduli dai quali ricavare cartamodelli per le tute- casseforme, confezionate poi in tessuto. Le morbide casseforme, assecondando lo scorrere del cemento e contenendo le forze espansive, hanno originato dei volumi adagiati in posture antropomorfe. Negli snodi, nelle pieghe o nei dettagli delle cuciture e delle zip, l’aspetto materico e architettonico del cemento contrasta con la delicatezza e la sinuosità delle pieghe e delle sfere in gesso e pigmento, che completano l’installazione.

Il nucleo di sculture, The Jumpsuit Theme, è presentato insieme a stampe di grande formato dal titolo Intermezzo. Queste immagini, caratterizzate da un alternarsi di aree verticali molto scure con altre più plastiche e chiare, sono il risultato di una lavorazione nella quale un elemento ligneo, mosso durante il processo di acquisizione con lo scanner, ha lasciato una traccia digitale dei suoi spostamenti, allontanamenti e avvicinamenti, suggerendo uno spazio scenico aperto, un “intermezzo”, appunto. Le immagini di risultanza sono calchi di luce, così come sono calchi le sculture in cemento. Nelle sale del museo si apre così un paesaggio abitato da strani corpi a riposo, sonnolenti. Alla pesante materia a terra, orizzontale, si contrappone una verticalità leggera a parete.

La mostra è scandita in due momenti accomunati da stati di sospensione e di trasformazione: al Mart di Rovereto Intermezzo, alla Galleria Nazionale di Praga Camerino.
Spiega l’artista: “Intermezzo è il sottotitolo che ho scelto per raccontare la parte presentata al Mart: esso definisce un intervallo, uno spazio di tempo posto tra un atto e l’altro d’uno spettacolo, e più in generale è una pausa all’interno di un’azione. Camerino rappresenta invece il luogo e il momento della trasformazione in atto: qui l’attore non è ancora personaggio o, viceversa, non è ancora tornato a essere se stesso. A Praga il tessuto usato per le tute-cassaforma sarà installato nello spazio, un grande involucro che comincia a parlare in potenza del suo architettare un corpo, insieme a una scultura con il quale sarà strettamente in dialogo.
Quando ho pensato alla tuta e al motivo perché mi interessasse come punto di partenza, ho riflettuto sulla sua implicazione più comune, quella di un indumento indossato per stare comodi. Nel lavorare sulle posture per le sculture e sul paesaggio che le avrebbe accolte, l’idea della pausa ha coinciso con l’immagine di un corpo quasi appisolato, in stato di relax e al limite giocoso, guardando a quei momenti nei quali ci si riappropria di una nostra sensibilità intima, naturale, nonché immediatamente goffa. Per traslato possiamo dunque riferirci a un orizzonte etico e poetico, nella misura in cui intendiamo lo spazio sensibile, contemplativo, imperfetto e naturale non soltanto come momento di riposo o stanchezza necessario all’interno del regime di iperattività che ci viene richiesto dalla società, bensì come modello quasi pedagogico alla rinascita di una facoltà contemplativa.”.

Progetto realizzato in collaborazione con Národní galerie Praha; SIC, Helsinki; Untitled Association, Roma e finanziato da Italian Council (2018), concorso ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo.

 

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